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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 123
di Mimmo Carratelli
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Come è ridotta la tua vita, Dieguito? José Alberto Freda, insegnante di psicologica clinica e dello sport all’Università di Buenos Aires, ti descrive così: “Maradona è un fobico. La sua angoscia è quella di restare solo. Ha paura dell’inconscio e questa sua paura si esprime col bisogno di avere sempre gente attorno, mentre spesso avrebbe bisogno di essere solo con se stesso, per ritrovare se stesso. Questa contraddizione è diventata solitudine ed è diventata tragedia ora che il suo amico e manager è in galera. Perché Coppola è per lui una figura protettiva. Dalla miseria al successo e alla ricchezza, il suo sviluppo squilibrato è diventato stress, poi ansia. Da qui il suo atteggiamento aggressivo che è proprio di chi ha paura e si difende. Finito il calcio, può esserci il crollo definitivo. Per salvarsi avrebbe bisogno di un lungo isolamento dal mondo e dal Maradona protagonista. Ci vorrebbe per lui una terapia di recupero di quelle che durano almeno due anni e non danno sempre certezza di successo”.
Frecciate al cuore di chi continua a volerti bene a dispetto di questo tramonto oscuro, pibe, caro ragazzo perduto, funambolo vinto, giocoliere che hai voluto umiliarti, fantasma tragico che vaghi dalle penombre dei night di smarrimento ai viaggi illusori della polvere bianca sino all’approdo desolante delle tue mattine senza luce.
Ci stiamo assuefacendo ai tuoi giorni crudeli, a questo tuo destino nero e inarrestabile, alle confessioni dolorose e senza vergogna, ai tuoi stati di incoscienza. Un calvario che avrà mai fine? Possibile che la favola bella abbia questo finale di tormenti e di rischi, di abbandono e infelicità?
Napoli c’è ancora nel tuo cuore, Dieguito?
Lo sapremo stasera nella Galleria Umberto dove è stato montato un maxischermo per uno straordinario collegamento con la tua casa a Buenos Aires. E’ una iniziativa di “Mixer”, il programma d’attualità della Rai condotto da Giovanni Minoli.
E’ il 5 dicembre 1996.
C’è una folla immensa in Galleria un’ora prima del collegamento. Ci sono sciarpe azzurre, bandiere, la tua maglia numero 10 dei tempi del “San Paolo”. Le note di un tango argentino ingannano l’attesa e, sul maxischermo, scorrono le emozioni dei sette anni di felicità, i fotogrammi dei tuoi gol napoletani, la festa degli scudetti, il trionfo in Coppa Uefa. Siamo mille e forse più e gridiamo: “Diego! Diego!”.
Ecco il tuo viso. Stanco, provato. La tua voce ci procura un brivido profondo. “Un Maradona, c’è solo un Maradona” urliamo. Emozionati, aspettiamo il tuo messaggio d’amore. Non ci hai dimenticati. A Napoli sei stato felice.
“Vorrei tornare a Napoli per fare l’allenatore. Però dovrei avere a disposizione una squadra forte come quella in cui ho giocato io”. Una promessa? Un sogno?
Spesso ai giornalisti italiani che vengono a Buenos Aires accenni a questo vago progetto. “Tornerò. Giuro che tornerò. Un giorno sarò io l’allenatore del Napoli. Quando? E chi può dirlo. Non subito, non presto. Quando non ci sarà più Ferlaino, questo è certo”.
Una carezza per i nostri cuori. Il Napoli, da tempo, non è più quello degli scudetti, il tuo Napoli indimenticabile. Vaghiamo nella parte bassa della classifica e sentiamo vicino il tracollo perché l’incantesimo è finito. Il tuo piccolo, grande emulo Gianfranco Zola è stato ceduto al Parma da tre anni. Tutti i migliori sono andati via. Al “San Paolo”, nel disastro delle partite, la nostalgia delle tue meraviglie resiste forte. Sui muri della città resistono, ma stanno sbiadendo, le gigantografie della tua figura con la maglia azzurra, il tuo bel volto coi riccioli neri, le scritte dell’entusiasmo perduto.
Una scritta nuova, grande, tracciata con lo spray azzurro, è comparsa sulla facciata bianca di una casa di Posillipo: “Il sole risorge sempre”. E’ la certezza che uscirai dalla tua notte nera, Diego. All’ammirazione per le tue delizie in campo si è sovrapposto un affetto infinito.
Torna, può essere qui la tua salvezza.
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