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Cultura
Pupella, nata Giacinta, nota Concetta
Breve storia di una attrice che pare dimenticata e invece non lo è
di Emanuela Cicoira
La chiamavano Pupella dacché a un anno fece la sua prima apparizione teatrale in una cesta sorretta da papà Mimì nella commedia di Scarpetta “La pupa movibile”. Lei però si chiamava Giacinta, mentre i fratelli, eredi uno più degno dell’altro della famiglia artistica dei Maggio, “nati sulle tavole del palcoscenico quando non esistevano né le tavole, né il palcoscenico”, al vezzeggiativo paterno preferivano il malizioso soprannome “’a Duse” perchè la giovane non si negava qualche (giustificata) vanteria...

Di ‘pupesco’ le mancava la bellezza. Aveva un fisico esile, un viso un po’ buffo, la voce poco ferma e affatto limpida. Ma proprio a convalida dell’assunto secondo cui non è cosa necessaria al mestiere, sulla scena rivelava doti eccezionali: intuizioni improvvise le permettevano di passare con disinvoltura dalla commedia dialettale alla drammaturgia europea, e dalla farsa napoletana alla sceneggiata patetico-sentimentale, prediletta dalla compagnia itinerante di famiglia.

Nemmeno troppo colta era Pupella, che studiò fino alla seconda elementare. Eppure, col suo istinto di animale da palcoscenico, di palcoscenico conquistò quello di Eduardo nel 1954, quando entrò a far parte della prestigiosa Scarpettiana.

Nel 1959 trionfò con “Sabato, domenica e lunedì”. Già Concetta nel celeberrimo “Natale in casa Cupiello”, riuscì persino a sostituire l’insostituibile Titina in “Filumena Maturano”, e fu il successo nazionale.

Ma la Maggio non voleva chiudersi nei confortanti confini di casa, né farsi limitare dai pur onorevoli schemi della ‘napoletanità’. E poi aveva un carattere forte, un temperamento artistico deciso... Discusse col Maestro e lasciò Napoli e la compagnia.

Recitò Testori con Visconti, Patroni Griffi con Patroni Griffi, Brecht con Calenda. Dal 1960 scoprì il cinema (e il cinema scoprì lei): per fortuna la riproducibilità della decima musa sopperisce all’effimero teatro nel restituirci l’eccezionale bravura di un’attrice che ogni tanto il variopinto mondo dello spettacolo sembra aver dimenticato (invece non lo ha fatto...).

Diretta da Amendola, Mastrocinque, Nanni Loy, De Sica, Rossellini, Fellini, Zampa, ha trovato spazio in tante di quelle storie, vissuto tante di quelle vite... Delle scene memorabili di cui è stata protagonista si fatica a tenere il conto.

Sua è la faccia della mamma di Titta, che in “Amarcord” parla con l’accento romagnolo di Ave Ninchi, ed è lei la popolana disperata che veglia il figlio morto ne “Le quattro giornate di Napoli”. Ed è la vedova piangente de” Il Medico dei pazzi”, presa in giro da Totò per la fascia con su scritto “soltanto lui”; la paziente de “Il Medico della Mutua”, la Maria di “Nuovo Cinema Paradiso”.

In “Sabato, domenica e lunedì” di Lina Wertmüller, 1990, c’è di nuovo Pupella, oramai ottantenne. Non è Rosa, certo, ché il ruolo scritto per lei da Eduardo anni prima calzava meglio a una già matura Sofia Loren (e Luca De Filippo ereditava per diritto di famiglia il personaggio del padre), ma è immensa lo stesso nella scena della lite in macelleria, quando difende la sacra ricetta del proverbiale ragù. Si poteva girare “Sabato, domenica e lunedì” senza Pupella?

Nata nel 1910 nei camerini di un teatro, si spense oggi dieci anni or sono, mancando per un soffio il traguardo dei novanta.
 
Nella memoria collettiva nazionale, Concetta, la moglie di Luca Cupiello, quella che sveniva perché “nun ne pozzo cchiù! [...] ‘sta casa è caruta tutta ‘nguollo a me!...”, ha il viso da pulcino e la voce strana e tremula di questo indiscusso mostro sacro della scena.
8/12/2009
  
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