Cultura
La voce come maschera
di Roberto Santucci
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Siamo nella metà degli anni ‘70, i primi ricordi di bambino affiorano nella mente, tra i pochi, confusi ma incisivi, un uomo, alla tv, che recitava, si… recitava… prendendo le sembianze di altri personaggi della televisione, di politici che avevi visto poco prima al telegiornale; a volte non capivi se stavi guardando gli uni o l’altro... ma no… fa ridere, è divertente… dice cose buffe… ma non è un politico… sarà lui… lui… una parola nuova, un “imitatore”. A guardarlo con gli occhi da adulto, L’imitatore.
Torniamo ancora più indietro, al 25 novembre del 1932; nasce, a S. Giorgio a Cremano, Alighiero Noschese.
Difficile spiegare a chi ha meno di 40 anni la grandezza di questo personaggio, di questo Attore che inventò, primo fra tutti, un ruolo, quello dell’imitatore, con una perfezione che lo rende tuttora inarrivato... inarrivabile.
Della sua vita privata si sa poco, pochissimo, come a voler mettere da parte quella figura schiva, timidissima, semplice, che era il Noschese uomo, ma che acquistava vigore, imponenza nel momento in cui vestiva le maschere della realtà che lo circondava. E maschera era, completamente, nella voce e nel corpo, nel senso più pieno e classico che questa parola può avere.
L’altro da sé era la sua essenza, la sua grandezza.
La sua voce, persino anonima, neutra, nella vita di tutti i giorni, acquistava vita, ritmo e magicamente si plasmava quando cominciava le sue performances.
In Noschese vivevano tre attori: uno, proprio la sua voce, come avesse vita propria sapeva immedesimarsi in chiunque e, come un artista, diventare.
L’altro il suo corpo, il suo viso, che riusciva a trasformare come nessuno, con maniacale precisione, attento ai minimi particolari, sottoponendosi a duri turni di trucco pur di arrivare vicino alla perfezione, molte volte raggiunta.
Infine l'interprete, che riusciva a “vivere” i suoi personaggi fino ad identificarsi completamente in essi, contemporaneamente esaltando i più piccoli particolari della “vittima”, un gesto, un’andatura, una cadenza, un modo di dire, gonfiandoli in modo da marchiare indelebilmente le immagini dei veri personaggi pubblici.
Lo stupore che provocava, all’epoca, era certo figlio della primogenitura dell’arte imitatoria, ma le “vittime”, soprattutto i politici, che erano visti dalla gente e dalla censura (non dimentichiamo che il primo spettacolo in cui fu imitato un politico fu “Doppia Coppia” del 1969) come intoccabili, si accorsero ben presto che ciò che era, in realtà, una irrisione, non faceva altro che far diventare più terrena una visione aurea del loro mestiere ed aumentarne la popolarità, suscitando quasi affetto.
E se da una parte per i vari Fanfani, Leone, Saragat, Pannella, Moro, Andreotti, Berlinguer e quant’altri l’essere imitati da Noschese diventava, col passar del tempo, segno distintivo di notorietà e mezzo di avvicinamento alla gente, ben più dura fu la battaglia con la censura bacchettona della Rai dei primi anni ‘70, i testi di Dino Verde erano satira pura, rapida e pungente, troppo per gli inamidati o impauriti vertici della televisione di allora.
I tagli, tanti, arrivavano come lame su petali di fiori d’arte pura che Noschese regalava e oggi, nel 2010, è bello poter riscoprire, o far scoprire a chi non ebbe la fortuna, ciò di cui questo giocoliere della realtà era capace.
Partendo da “Doppia Coppia”, nel 1969 e nel 1970, passando dalla“Canzonissima” del 1970 e 1971 e da “Formula Due” del 1974, in cui fu affiancato da una giovane Loretta Goggi che fu, alla resa dei conti della storia (artistica), l’unica in grado di tenergli testa. Con lei realizzò duetti straordinari come quelli della coppia
Sofia Loren – Carlo Ponti, oppure
Wanda Osiris e Renato Rascel, gioielli assoluti da tenere nella mente e nel cuore.
E’ un privilegio poter gustare ancora la prima imitazione di un politico in Tv,
Ugo La Malfa in “Doppia Coppia” del 1969; divertirsi davanti alle prime imitazioni del personaggio, poi, più “saccheggiato” della storia, quel
Mike Bongiorno ancora giovane ma già pietra miliare dello spettacolo italiano; oppure ammirare capolavori di perfezione quali erano le imitazioni di
Giovanni Leone, di
Amintore Fanfani, di cui acuiva il
toscano accento, di
Enrico Berlinguer, di
Marco Pannella già alle prese con i suoi famosi digiuni, di un
Andreotti tanto perfetto da ingannare persino la madre, di un sublime
Mario Pastore su cui inventò uno dei primi “tormentoni” della storia della televisione, quel ”mi dicono che non è vero” che segnò simpaticamente la carriera del vero giornalista..
Ad ognuno dedicava affettuosamente una puntura di spillo, esaltando tratti con una sfacciataggine che solo a lui veniva perdonata, come nel caso di
Ugo Zatterin o
Jader Jacobelli, fino a riunire più personaggi nei suoi “
Telenoschese della sera”, surreali
telegiornali in cui liberava la poliedricità che gli era propria.
Il periodo dal 1969 al 1974 fu quello di massimo successo per Noschese prima di prendersi, nel 1975, una pausa, dalle scene e dalla vita.
La fortuna non arrise al grande Alighiero neanche quando, tornato sugli schermi nel 1978 in “Ma che Sera”, si trovò ad essere contemporaneo di uno dei fatti più tragici degli anni di piombo italiani, il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, da lui fino ad allora
molto imitato e di cui tante cose aveva, pronte, da offrire in quella trasmissione e che fu costretto, ovviamente, a tagliare, intaccando in modo significativo e definitivo il suo discorso artistico e il suo morale.
Terribilmente emblematico a tal proposito uno spezzone di un perfetto
Francesco Cossiga che ironizza sulle BR proprio pochissimi giorni prima dei tragici fatti di via Fani.
Di ciò che successe dopo il 1978, sinceramente, in questa sede, e nel ricordo dolce che ne vogliamo dare, non crediamo sia giusto parlarne.
Noi, pubblico che lo ha visto vicino come un amico caro, nel giorno in cui avrebbe compiuto 77 anni, vogliamo solo dirgli grazie, di averci fatto ridere, pensare, emozionare, di averci fatto scoprire un’arte, quella dell’imitazione, purtroppo oggi inflazionata e in molti casi piuttosto arrangiata, ricordando che il primo, oltre che imitatore, fu soprattutto un Attore... come non ce ne sarebbero più stati.