Calcio
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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 151
di Mimmo Carratelli
Rieccoti in Italia, pibe, in questo nuovo anno, il 2004. E’ Salvatore Bagni, il guerriero, che ti chiama. L’amico vero. E’ l’anno in cui muore Pantani. L’hai conosciuto a Cuba, a dicembre.

In questo mesto febbraio, la notizia ti raggiunge a Pieve di Cento, all’inizio del tuo tour invernale in Emilia. “Dio non le deve fare succedere queste cose” è quello che dici. E’ morto un compagno di sventura, caro Diego. Rifletterai sulla tua vita a rischio?

Corri di qua e di là, testimonial di tante iniziative. Hai bisogno di danaro, hai bisogno di muoverti.

Ed eccoti sul green del Lago di Garda.

Eccoti a far pubblicità a una discoteca di Desenzano fra ballerine vestite coi colori del Napoli e del Boca Juniors, duemila persone nel locale, ci resti fino alle quattro del mattino.

Eccoti sul Monte Cimone, Appennino modenese, per inaugurare una seggiovia. Ci arrivi in elicottero, bermuda e scarpette da ginnastica. Sei proprio matto. Fa un freddo cane, chiedi un paio di pantaloni per ripararti. Ci sono Gigi Maifredi e Renzo Ulivieri. Quattro chiacchiere di calcio.

Eccoti a Crespellano, vicino Bologna, al Golf Club.

Ed eccoti a Bologna per la donazione di un robot destinato al reparto oculistico dell’Ospedale Sant’Orsola.

Non c’è più Guillermo Coppola con te. Avete litigato. Questione di soldi.

Dichiarazioni pesanti. “Quando Jorge Czysterpiller mi ha rubato danaro, avevo 25 anni e non avevo figli. Però adesso ho 43 anni, ho due figlie e nessuno deve prendersi soldi che spettano a loro”.

Che cosa è successo, pibe?

Sappiamo quello che dicono i giornali. E i giornali dicono che vuoi portare Coppola in tribunale.

Lo accusi di due cose. Il mancato ricorso contro una richiesta di alimenti per una bambina di cinque anni che il Tribunale di Buenos Aires ha riconosciuto come tua figlia. Il mancato versamento sul tuo conto dell’incasso della partita di addio alla “Bomboniera”, 400mila pesos, qualcosa come centomila euro, la partita del 10 novembre 2001.

“A Coppola ho dato la mia vita” è il tuo lamento. Un altro tradimento, un altro problema. Il tuo clan, caro Diego, ti ha succhiato la vita e i soldi. Non hai avuto occhi per vedere. Generoso e incosciente. Superficiale. Quando le cose andavano bene, non c’era verso di metterti in guardia.

Chi sono stati i tuoi veri amici? Uno solo ne conosco: Ferdinando Signorini. Leale e disinteressato, e col peso della tua condizione di tossicodipendente sul cuore.

Ora è Claudia che controlla e gestisce il tuo patrimonio. Siete separati, ma è la persona giusta. E’ la madre di Dalma e Gianinna e non ha mai smesso di volerti bene.

A Napoli, abbiamo sempre un dolce ricordo di te. E’ stata una favola fortemente vissuta. I ricordi sono ancora intensi, sempre più lontani nel tempo, i ricordi di sette anni, incancellabili. La favola cominciò vent’anni fa ed è finita da tredici anni.

Ed ora c’è una canzone di Pino Daniele che ci tocca il cuore. Si intitola: “Tango della buena suerte”. Il grande Pino.

La canzone dice: “Lui è un mago con il pallone / io l’ho visto alzarsi da terra / e tirare in porta / soffia il vento d’Argentina / davanti agli occhi spalancati / e pieni di grande speranza. / Ma la partita più importante / è da giocare con la vita / stando a metà del campo / mentre Cico corre / intorno al mondo. / Cico buona fortuna”.

Arriva il mese di aprile e da Buenos Aires ci arriva una nuova scossa.
2/5/2006
  
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