Contatta napoli.com con skype

Calcio
Bruno Pesaola, il petisso un ricordo incancellabile
di Mimmo Carratelli (da: Roma del 31.05.2020)
L’altro ieri, venerdì, verso sera, mentre il cielo si imbronciava e tirava un’aria fresca annunciando pioggia, mi telefona Mimmo Ronga. “Sono cinque anni” mi dice. Mimmo Ronga, medico e persona adorabile, è di una precisione assoluta. “Cinque anni esatti” mi ripete. E solo lui, Mimmo Ronga, poteva ricordarsene più di tutti noi del club degli amici per sempre di Bruno Pesaola.

Cinque anni che il petisso non c’è più”. E così, improvvisamente, telefonandoci, cercandoci, noi i vecchi alunni della luna, che Bruno convocava a notte fonda per raccontarci il calcio come una favola, abbiamo sentito la carezza di un ricordo incancellabile e il dolore fatto lieve dal tempo per un grande amico perduto.

Era un venerdì anche il 29 maggio 2015, e fu una gran giornata di sole a Napoli, quando il petisso cessò di soffrire. Da più di un anno pativa terribilmente. Il nodino su una corda vocale gli dava dolori lancinanti. Da dieci anni la sua vita era stata una corsa tra casa e ospedali. Non ne poteva più.

Era stato forte e tenace, ma negli ultimi tempi si era stancato di lottare. Rodriga, la signora romena che è stata il suo vero appoggio, il suo punto di forza, un’assistente premurosa e irriducibile, raccontava che mentre soffriva sempre di più, in quegli ultimi giorni, Bruno, di notte, invocava Ornella, la moglie perduta prematuramente negli anni Ottanta, e le chiedeva Ornella prendimi, torniamo insieme, sopraffatto dai dolori, il carissimo petisso.

Un intervento alla gamba sinistra, per un problema vascolare, fu l’inizio, dieci anni prima, di una sofferenza continua, accentuata dalle mille e mille sigarette che lo condannarono a una insufficienza respiratoria contro la quale lottò con la sua forte fibra, ma negli ultimi tempi gli era necessaria la bombola di ossigeno e non camminava più.

Spenta l’ultima sigaretta, in ospedale!, lo assisteva amorevolmente Gianni Barone, più che un chirurgo per il petisso, il suo angelo custode negli “alberghi a cinque stelle”, come Bruno chiamava gli ospedali dove veniva ripetutamente ricoverato.

Così martoriato, non perdeva mai il suo spirito allegro, l’ironia, la battuta fulminante, mai cattiva. Perché il petisso è stato un uomo di una generosità sconfinata, di una bontà d’animo senza uguali, leale e perdutamente innamorato di Napoli da “napoletano nato casualmente a Buenos Aires”, figlio di un emigrante marchigiano, artigiano delle calzature, la mamma una spagnola di La Coruna, un fratello, Giordano, più grande di sette anni, “lui sì, un fenomeno col pallone se non si fosse fracassata una gamba facendo il militare” ricordava.

Tanto amato a Napoli che, nelle notti dei ricoveri d’urgenza, arrivavano due ambulanze sotto casa, in via Manzoni, che se ne disputavano il trasporto.

Ala sinistra in 231 partite giocate al Vomero, lanciando in gol Jeppson e Vinicio, appena nove gare al San Paolo, poi allenatore del Napoli del primo storico secondo posto, con Sivori e Altafini, e di una eroica salvezza, “il suo vero scudetto più del campionato vinto con la Fiorentina” ricorda Mimmo Ronga, quando Moreno Ferrario batteva rigori decisivi e il petisso, in panchina si copriva gli occhi.

Una vita con Bruno da quei suoi primi giorni napoletani nella casa all’ultimo piano di un palazzo di piazzetta Arenella, angolo via Giacinto Gigante, l’appartamento che comprò con i sei milioni del primo ingaggio del Napoli che l’aveva preso dal Novara.

E quei lunghi racconti notturni al “Ragno d’oro”, in Piazza Medaglie d’Oro al Vomero, e poi alla “Sacrestia”, le notti interminabili in cui raccontava il calcio e gli volemmo subito bene perché il suo cuore era buono e generoso, i suoi occhi brillavano di innocente furbizia e la cantilena castigliana ci affascinava tutti.

Cinque anni fa, in una mattinata di sole, gli mancò il respiro e il cuore cedette. Era ricoverato al Fatebenefratelli. Lo vedemmo nel “fermo immagine” dell’ultima smorfia di dolore, bianco il bel viso bruno, portandosi via un pezzo della nostra vita. Aveva 89 anni.

31/5/2020
RICERCA ARTICOLI