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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 94
di Mimmo Carratelli
Giugno 1993. Basta Spagna, basta Siviglia. E niente Giappone dove ti vorrebbero investendo una grossa cifra. Là giocano tre vecchi assi, il brasiliano Zico, l’inglese Lineker e il tedesco Littbarski. Voliamo a Buenos Aires, Diego, col vaticinio di Bilardo, il Nasone: «Se avrà voglia, Diego potrà tornare a giocare senza problemi”.

Devi giocare perché c’è la nazionale da conquistare. Dice il Nasone: “Diego ha solo problemi di peso. Aveva perduto cinque chili, ma dopo la partita con la Danimarca li riprese. Va su e giù col peso. In Spagna ha recuperato la condizione al sessanta per cento. Se devo dargli un voto per il campionato giocato col Siviglia, gli do sei”.

Cancellato il brutto episodio della sostituzione contro il Burgos. Non lo avevi solo mandato a quel paese il Nasone. Negli spogliatoi successe il finimondo. Gli mollasti un cazzotto memorabile e Bilardo finì a terra tramortito. Ce l’avevi proprio con lui quel giorno. Perché tu, per restare in campo, fra primo e secondo tempo ti facesti fare tre infiltrazioni in un ginocchio. Proprio Bilardo ti aveva detto: “Vai, infiltrati, che devi continuare”. E invece, dopo dieci minuti del secondo tempo, ti aveva sostituito. Furono Claudia e la moglie di Bilardo a farvi far pace e ora il Nasone ti dava un bel voto per i sacrifici in Spagna.

In Argentina, c’è un contrattempo. Basile fa dietrofront. Ti esclude dalla nazionale impegnata nelle qualificazioni mondiali. Ci rimani male. “Se mi chiamerà, non ci vado neanche se mi paga” dici per il dispetto. Ma devi tornare a giocare. Si fa avanti il Boca, la squadra del cuore. Si fanno avanti il San Lorenzo, il Belgrano di Còrdoba e l’Argentinos, la squadra dei tuoi inizi.

C’è la nazionale al “Monumental”. Vai a vederla da spettatore con Claudia, papà Chitoro, Marco Franchi. Basta una piccola vittoria per soffiare il primo posto alla Colombia e conquistare la qualificazione per Usa ’94. E la Colombia si annuncia al “Monumental”. Freme il tifo di Buenos Aires. Appari in tribuna con la maglia bianconceleste a strisce. Sei il primo tifoso della nazionale che ti è stata tolta.

Succede l’incredibile. Va in vantaggio la Colombia. E fosse solo questo. I colombiani segnano a ripetizione. Punteggio finale : 5-0. Al “Monumental”. Una vergogna grande. La qualificazione mondiale è appesa a un filo. Sarà necessario uno spareggio con l’Australia.

A sorpresa, quattro giorni dopo la maledetta partita dell’Argentina, hai una squadra. E’ il Newell’s Old Boys di Rosario. Un facoltoso industriale della città mette a disposizione una grossa cifra per farti giocare col Newell’s in cambio di cinquemila biglietti per le 19 partite di campionato. Pompano soldi gli sponsor Pepsi Cola e Yamaha. E’ un’operazione da otto miliardi di lire.

“E’ come tornare a vivere” dici. “Torno a giocare in Argentina dopo quasi nove anni”. Fai il prudente: “Sarà difficile essere di nuovo il grande Maradona. Ma con la mente fresca per pensare e la voglia che ho, sarà possibile rivedere un buon Maradona”. Vai Diego, vai.

Nel Newell’s hanno giocato Balbo e Batistuta prima di passare al River e andarsene poi in Italia. La squadra se la passa male. Bisogna rinforzarla. Chiedi che ingaggino Burruchaga, il piccolo Jorge del gol decisivo nella finale mondiale del 1986, e il centrocampista brasiliano Branco dalle punizioni fatate con le quali ha conquistato, in Italia, lo stadio di Marassi. Ma ci sono problemi di trasferimento, il Nantes e il Genoa non vogliono cederli.

Il primo allenamento col Newell’s è un avvenimento. Allo stadio di Rosario, il Parque Independencia, accorrono in trentamila per vederti giocare una partitina di venti minuti nel giorno in cui firmi il contratto con il club. Ce ne furono settantamila al “San Paolo” il giorno del tuo arrivo a Napoli, senza giocare, solo un saluto e un pallone calciato nel cielo di Fuorigrotta. Ma ritrovi quello stesso entusiasmo. E fai anche tre gol e un colpo di tacco che scatena un’ovazione.

La notizia arriva a Napoli. I professionisti del “Te Diegum”, l’associazione votata alla tua eterna ammirazione, dichiarano: “L’orchestra del calcio ha ritrovato il suo primo violino”. Su certi palazzi di Napoli non si sono cancellate le scritte che inneggiano a te, resistono i tuoi ritratti colorati e le frasi della nostra passione inestinguibile e della nostalgia persistente. Sei andato via appena due anni fa.

Vai, Diego, vai. Che la fortuna sia con te. Mandi un messaggio ad Alfio Basile attraverso i giornali: “Con il Coco non ci siamo mai allontanati, siamo due passionali, qualche polemica e basta. Amiamo tutti e due la nazionale argentina, le daremmo entrambi il cuore”.

E’ la mano tesa per ricostruire il rapporto con il “Coco” Basile, per riconquistare la nazionale. E il “Coco” capisce il messaggio, tutta la nazionale ti vuole. C’è lo spareggio con l’Australia da superare per andare al Mondiale 1994 negli Stati Uniti. L’Argentina vuole andarci, tu vuoi andarci. Un incontro, una stretta di mano e l’intesa è raggiunta.

Andiamo, Diego, a battere i canguri. Non sarà facile come tutti pensano. Si parte, destinazione Sidney, a fine ottobre del 1993.

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17/5/2005
  
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