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Calcio
In Nazionale Insigne gioca meglio
di Mimmo Carratelli
(da: Roma del 13.06.2021)
Sorpresa! Sorpresa! Ma che bell'Italia! Sorpresa perché non era per niente scontato che la squadra azzurra affrontasse e vincesse con disinvoltura il match d'apertura del Campionato europeo, primo impegno di alto livello della squadra di Roberto Mancini (proprio la "sua" squadra), anche se lanciata da una scia di 28 risultati utili consecutivi (23 vittorie, 3 pareggi).

E, infatti, contro la Turchia c'è voluto un tempo per vincere l'emozione e mettere a punto la precisione e l'incisività del gioco. Poi è stata la bella squadra sulla quale Mancini sta lavorando da tre anni dopo il flop mondiale di Gian Piero Ventura e l'interim di Luigi Di Biagio.

La Turchia, una vittoria e un pareggio contro la Francia campione del mondo, era avversario temibile per solidità difensiva, buona scia di risultati utili, una sola sconfitta nelle ultime dieci partite, e un mix fra giocatori di esperienza e giovani alla ribalta. I turchi hanno retto cinquanta minuti, poi sono stati polverizzati dal gioco scintillante degli azzurri.

Nei sei gironi per accedere agli ottavi di finale del Campionato europeo passano le prime due e le quattro migliori terze. L'Italia è nel girone con Turchia, Svizzera e Galles. Indicati gli azzurri quali favoriti del girone, la Turchia ha giocato a Roma per portar via un pareggio.

Pochi spunti offensivi, nessuna parata di rilievo di Donnarumma, un salvataggio finale in corner di Chiellini. La Turchia ha cominciato col cedere su autogol (goffa deviazione in rete dello juventino Demiral sul cross teso di Berardi, Sassuolo), ha accennato una lieve reazione con la velocità dell'ex romanista Under, non ha mai mollato continuando a difendersi compatta, ma ha beccato altri due gol.

Il test per la nazionale di Mancini era, dunque, più che attendibile. Rispetto al passato, quali sono le novità?

La prima novità è che la nazionale di Mancini è una squadra tecnica, capace di giocare un buon calcio in velocità e di stare sempre in partita, a prescindere dal risultato, con l'atteggiamento delle squadre che vogliono tenere in pugno il pallino del gioco per l'intera gara. Fatto un gol, insiste per il raddoppio. Non si ferma risparmiando energie e non si ritrae rifugiandosi nel vecchio contropiede. Continua a mordere l'avversario e a pressarlo alto.

La seconda novità è che l'Italia di Mancini è una squadra coraggiosa, recupero palla nella metà campo avversaria per puntare subito la porta. Gioco dispendioso che ha bisogno di una condizione fisica adeguata.

La terza novità, rispetto agli psicodrammi del passato, è che l'Italia di Mancini è una squadra "sana" senza rivalità interne, bronci, mugugni e scontentezze. Le scelte di Mancini sono rispettate dai giocatori con la massima condivisione e solidarietà col tecnico, anche nell'alternanza delle coppie ruolo per ruolo.

La quarta novità è la convinzione dei giocatori nel gioco che sviluppano e anche una certa serenità nel giocare senza cedere agli episodi avversi, innervosirsi, protestare, fare la "vittima".

Non c'è dubbio che questa nazionale è esattamente la "figlia" di Mancini, lo "specchio" del suo modo di intendere e avere giocato il calcio. L'Italia non è più la squadra timorosa, esitante che si adattava alle vicende della partita facendosene anche condizionare.

La personalità tecnica di Mancini e la sua natura di uomo solare, leale, aperto hanno costruito una squadra che gli somiglia. Non è più una nazionale che si regge su un blocco difensivo e sulla difesa, prima non prenderle. È una squadra manciniana nel gusto del gioco e sfrutta appieno le sue qualità.

Questo è il valore e forse il limite dell'Italia di Mancini. Una squadra bella senza molti centimetri e peso fisico, senza neanche un top-player capace del colpo decisivo nelle situazioni contrarie. Il top-player della nazionale di Mancini è il gruppo. Un gruppo "leggero" che dovrà superare le prove contro nazionali di maggiore spessore tecnico e possanza fisica.

Intanto, la squadra va crescendo sostenuta dai risultati favorevoli, non solo le vittorie ma anche il gioco che sa esprimere. Giocando in velocità, con una adeguata condizione atletica, che deve essere sempre brillante, gli azzurri possono mettere in difficoltà anche gli avversari più quotati.

Conosceremo meglio la nazionale di Mancini dagli ottavi dell'Europeo, non solo perché saranno partite da dentro o fuori, ma anche e soprattutto perché gli avversari cresceranno di livello. Verrà allora il vero esame di maturità.

Questa Italia potrà anche perdere, ma non giocherà mai con la paura addosso, non si farà condizionare dal nome e dalla classe dell'avversario più in alto nelle classifiche Fifa e Uefa. Il gioco all'italiana, che speculava sui blocchi difensivi, non è più possibile. Anche perché il calcio italiano non ha più i difensori più forti del mondo. E anche perché il gioco è cambiato.

Non si gioca più per non perdere, si gioca per vincere. Il tatticismo delle squadre italiane nelle coppe europee non paga più, è stato anzi clamorosamente bocciato. La qualità tecnica è fondamentale. Il Barcellona degli anni d'oro aveva interpreti piccoletti, ma capaci di giocare palla come pochi.

Anche a Baku, il vecchio calcio è stato bocciato. La Svizzera (nel girone dell'Italia), una volta andata in vantaggio, è arretrata limitandosi a difendere, dando campo al piccolo Galles e beccando il pareggio (1-1). Un flop per la nazionale di Petkovic, sulla panchina elvetica da sette anni e su quella della Lazio nelle annate 2012-14.

Non è detto che la tecnica vince sempre, può cedere alla superiore prestanza fisica. Ma avere qualità tecnica è un punto di partenza fondamentale. D'altra parte, oggi, la nazionale non ha scelta. Non può giocare diversamente. Arrivare primi sulla palla e saperla giocare a un tocco è un bel vantaggio su avversari fisici. È ovvio che nei confronti sui fondamentali tecnici, vince la squadra che ne ha di più e di migliori.

Per ora la nazionale di Mancini è una squadra-simpatia che ha coraggio e non annoia. In questa nazionale si ritrovano i tre moschettieri del passato pescarese di Zeman: Insigne, Immobile, Verratti.

Lorenzo Insigne, con la maglia numero 10, che è più di un numero-simbolo, va confermando la sua piena maturità, è una pedina importante e la squadra lo fa sentire importante (dettaglio rilevante), è un giocatore molto a suo agio in un ambiente sereno e amichevole che non gli pone gli "ostacoli" che spesso ha incontrato nel Napoli.

Si accentra lasciando la corsia sinistra a Spinazzola come nel Napoli gli riusciva solo col miglior Ghoulam. In nazionale, Lorenzo è anche un giocatore-faro. La manovra offensiva poggia su di lui e lui non si risparmia nei rientri difensivi.

E c'è nell'Italia di Mancini l'ex azzurro Jorginho (anche lui sa come cercare Insigne). In una nazionale in cui tutto funziona, Di Lorenzo entra in corso di partita e si impone senza difficoltà. Rispetto ai suoi concorrenti sulla fascia destra, ha più gamba ed è meglio abituato alle sovrapposizioni come fa nel Napoli con Politano e Lozano.

Tra i rincalzi, c'è Meret. Il Napoli ha spazio nella nazionale di Mancini. Il Napoli che è essenzialmente una squadra tecnica.

L'Italia giocherà sempre a Roma le due prossime partite (con la Svizzera mercoledì 16 giugno, col Galles domenica 20 giugno). Superando da prima il girone, l'Italia incontrerà prevedibilmente Olanda o Austria negli ottavi di finale (a Wembley). Oppure, a sorpresa, l'Ucraina.

12/6/2021
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