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Calcio
Conti a posto e idee sul mercato
così De Laurentiis può vincere
di Mimmo Carratelli
Napoli ieri, oggi, domani. Ma soprattutto domani.

Ieri c’è stato Maradona. Oggi i titolarissimi col record dei punti nella storia azzurra, il bel gioco, gli applausi, ma zero tituli.

Domani è vicinissimo. È il giorno dopo la fine del campionato.

Quest’anno, dopo tre anni di lavoro con Sarri, i titolarissimi hanno puntato esclusivamente allo scudetto (il patto di Dimaro).

Una sola scommessa escludendo le altre, abbandonando le Coppe. Impresa sfiorata.

De Laurentiis non accetterà più che la squadra si giochi una sola chance. Ma tre competizioni pretenderanno un adeguamento qualitativo della “rosa”.

Il campionato sarà l’attrattiva maggiore per l’esperienza maturata e una gestione che, sulla lunga distanza, risulta meno stressante degli “strappi” imposti dalle Coppe dove un solo risultato contrario può pregiudicare il proseguimento del cammino.

Il predominio della Juve, complici la crisi delle società milanesi e un budget che schiaccia qualsiasi concorrenza, è un problema.

Le risorse del club degli Agnelli sono notevoli, non solo quelle economiche e organizzative, ma tutta una serie di relazioni e poteri, storia e sudditanze varie, la potenza fascinosa che richiama soggezioni mediatiche e lo stesso robusto corpo dei tifosi delle regioni che non avendo una squadra leader stanno bene sul carro del vincitore.

Nessun altro club ha saputo allestire nel tempo un’attrattiva uguale.

90 milioni per Higuain, 40 milioni per Douglas Costa, altrettanti per Bernardeschi, 32 milioni per Pjanic sono acquisti che nessun altro club può permettersi.

La Juve non si avvantaggia solo con un competentissimo staff dirigenziale, ma ha una potenza di fuoco economica senza uguali. Può vincere altri scudetti di fila.

Nessuno, neanche i cinesi di Milano e gli americani di Roma, può mettersi alla pari.

Il campionato del Napoli, retto da una società autarchica e giustamente attenta a non mandare il bilancio in rosso, il fallimento è storia di quattordici anni fa, è stato un miracolo di lavoro e dedizione.

Dopo tre anni con Sarri, i titolarissimi hanno veramente sognato e inseguito lo scudetto. Ci sono andati vicino.

Sono crollati mentalmente dopo l’ennesimo risultato della Juventus, la vittoria sull’Inter abbastanza chiacchierata.

Proprio il “modo” con cui la Juve saltava l’ostacolo di San Siro ha condizionato gli azzurri contro un avversario con troppi vantaggi, non solo quelli innegabilmente tecnici.

E allora? Allora il calcio italiano vivrà ancora sotto la dittatura juventina.

La Roma, squadra robusta e società ambiziosa, ha concluso il campionato lontano dal Napoli e dalla Juventus. Idem la Lazio. La giovane Atalanta delle meraviglie, dotata di tecnica e di forza, sulla falsariga della Juventus, è finita lontanissima dal vertice.

In queste condizioni, mentre non appare ancora incisivo il rilancio delle due formazioni milanesi, De Laurentiis deve guidare il Napoli senza “fare danni”.

Investimenti su giocatori giovani, plusvalenze, una sagace guida tecnica. I top-player sono fuori portata, non solo per il costo.

L’obiettivo sembra chiaro. Mandare in campo una squadra ancora competitiva che conquisti, anno dopo anno, la qualificazione Champions. Soldi e prestigio.

Siamo alla resa per lo scudetto? Il Napoli da solo non può farcela. Avrebbe avuto bisogno di “alleati” che togliessero punti alla Juventus. Non è successo.

Una concorrenza più numerosa avrebbe potuto intralciare il cammino della Juve. A Torino hanno vinto solo Lazio e Napoli che però in casa hanno perso dai bianconeri.

Inter e Roma hanno strappato un solo punto alla Juve. La classifica degli scontri fra le prime cinque del campionato premia solo il Napoli che ha conquistato 14 punti come la Juventus, 9 la Roma.

Per il campionato prossimo, Roma e Lazio hanno squadre pronte per la sfida tricolore e, in attesa di conoscere come potranno migliorare Inter e Milan, il Napoli è a un bivio.

A prescindere dalla guida tecnica, la squadra sarà ancora tecnicamente di primo livello, ma leggerina, senza la necessaria ferocia agonistica, senza un leader in campo e senza giocatori individualmente decisivi, oppure sarà un’altra squadra?

Quella dei titolarissimi, a parte le eventuali vicende di mercato, sembra “spremuta” dopo la coraggiosa sfida alla Juventus. Difficilmente potrà concedere uno spettacolare bis. E, allora, basterà ritoccare o bisogna rifondare?

Il Napoli deve “coprire” ruoli importanti nei quali mancherà qualcuno (Reina) e altri non hanno più l’età. Callejon, Mertens, Hamsik, Albiol vanno oltre la trentina.

Quello del portiere è un ruolo fondamentale per stare in alto. Un portiere italiano affidabile, non proprio il top, si farebbe preferire a un portiere straniero alla prima esperienza in Italia. Né c’è all’orizzonte un portiere con la personalità di Reina e il suo magnifico gioco con i piedi.

Si prevedono nuovi fringuelli per l’attacco dove probabilmente Milik sarà titolare.

Colpi di genio e di fortuna hanno aiutato De Laurentiis in questi anni ingaggiando allenatori che hanno costruito e valorizzato il Napoli oltre ogni limite e acquisendo (ma solo con Benitez) giocatori di livello.

L’impegno primario sarà tenere il Napoli in zona Champions. Impossibile ma anche azzardato svenarsi “dietro la Juve” se mai il Napoli ne avesse l’adeguata cassaforte e la capacità di attrarre giocatori “importanti”.

I lettori forse non gradiranno questo “cauto pessimismo” del vecchio cronista che segue il Napoli dai tempi del Vomero.

Ma non sono più gli anni, prima dei diritti televisivi, altra “voce” che avvantaggia enormemente la Juventus, in cui gli incassi dello stadio, col San Paolo al primo posto, consentivano di ingaggiare Sivori e Altafini, poi Maradona.

Anni disinvolti in cui, nel calcio, erano però consentite le più audaci e azzardate operazioni economiche. Il Napoli le ha pagate una volta che si sono esaurite gloria e baldoria.

Se Neymar è costato 222 milioni e Politano costerebbe addirittura più di 28 milioni, c’è poco da fare per la “conduzione domestica” di De Laurentiis in una città che rimase a guardare il fallimento del Napoli e ora pretende lo squadrone dei sogni.

Quest’anno lo spettacolo è stato bello, ma per riproporsi avrebbe bisogno di interpreti nuovi che, se ci sono, il calciomercato offre a prezzi naturalmente esorbitanti.

Il Napoli è una “isola felice” in una città di mediocri risorse finanziarie. Il Napoli è solo, al centro di una condizione meridionale al margine di tutto.

Neanche uno sceicco arabo, al posto del sultano cinematografico, potrebbe forzarne il destino.

La fortuna dovrà essere una compagna essenziale nel prosieguo dell’impero “senza soldi” di De Laurentiis.

La fortuna e la serenità dello spogliatoio. Finora è andata bene. L’antipatia dei tifosi per De Laurentiis (che spesso la merita tutta) non aiuta il Napoli.

Ma forse il presidente deve fare un passo avanti. Non per essere più simpatico, ma più “organizzato”. Nel calcio d’oggi, un uomo solo al comando non basta.

Una moderna società di calcio ha bisogno di una struttura complessa e altamente competente. Ci ha pensato De Laurentiis?

Nella Juve, la società è l’elemento vincente. Prima che arrivasse Maradona, fu Allodi a creare il Napoli da scudetto.

De Laurentiis vuole essere solo perché non si fida di nessuno o perché ingaggiare manager e dirigenti di livello è altrettanto difficile che ingaggiare giocatori decisivi?

Qualcosa va fatto. De Laurentiis invoca spesso un calcio più adeguato ai tempi nuovi. Ma è senza alleati per arrivarci e, oggi, chi comanda ha interesse che tutto rimanga così com’è.

Inizialmente il Var ha spaventato qualcuno salvo, poi, la “timidezza” di alcuni arbitri a usarlo con i soliti vantaggi.

Il Napoli può fare poco da solo. Che cosa ne pensano gli altri club più ambiziosi che restano ai margini?

Parlare del futuro del Napoli è inutile se il calcio italiano non si riscatta dalle nebbie, dai sospetti, dai compromessi e dall’approssimazione che l’avvolgono e che l’hanno escluso dal prossimo Mondiale.

Non sarà solo il Napoli in difficoltà, ma l’intero movimento fin quando si propongono interventi di facciata e il clima generale, compresi violenza e razzismo negli stadi, rimane ambiguo e compiacente.

23/5/2018
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